Le persone col colesterolo alto sono quelle che vivono più a lungo. Avendo subito un lavaggio del cervello, quest’affermazione può sembrarci talmente incredibile da richiedere parecchio tempo per essere assimilata e capirne a pieno l’importanza. Eppure il fatto che gli individui con colesterolo alto vivano di più emerge chiaramente da molti studi scientifici. Si consideri il risultato del 1994 del Dr. Harlan Krumholz del Dipartimento di Medicina Cardiovascolare dell’Università di Yale, in cui si trovò che persone anziane con colesterolo basso hanno una mortalità doppia per attacco di cuore rispetto a persone anziane con colesterolo alto.[1] I sostenitori della campagna per un colesterolo basso, coerentemente con la loro posizione, ignorano questa obiezione o la considerano come una rara eccezione, casualmente prodottasi tra un grande numero di studi a supporto del contrario.
Eppure non si tratta di un’eccezione; ora è disponibile una vasta mole di risultati che contraddicono l’ipotesi lipidica. Scendendo nello specifico, molti studi su persone anziane hanno evidenziato che il colesterolo alto non è un fattore di rischio per le malattie coronariche. Questo è il risultato di una mia ricerca che ho condotto nel database Medline sugli studi rivolti a questo settore.[2] Undici studi su anziani portano a quel risultato e altri sette studi hanno trovato che il colesterolo alto non è nemmeno un fattore predittivo di mortalità onnicomprensivo.
Consideriamo ora che più del 90 % di tutte le malattie cardiovascolari si riscontrano in persone che abbiano superato i 60 anni e che quasi tutti gli studi hanno trovato che il colesterolo alto non è un fattore di rischio per le donne.[2] Ciò implica che il colesterolo alto è un fattore di rischio per meno del 5 % tra coloro che muoiono di un attacco cardiaco.
E c’è un’ulteriore rassicurazione per quelli che hanno il colesterolo alto; sei studi hanno trovato che la mortalità totale è inversamente collegata al colesterolo totale, o al colesterolo-LDL o a entrambi. Ciò significa che se si vuole vivere a lungo in realtà è molto meglio avere un colesterolo alto piuttosto che basso .
Il colesterolo alto protegge dalle infezioni
Sono molti gli studi che hanno trovato come un colesterolo basso sia per certi aspetti peggiore di un colesterolo alto. Per esempio, in 19 ampi studi su più di 68.000 morti, esaminati dal Professor David R. Jacobs e dai suoi collaboratori della Divisione di Epidemiologia dell’Università del Minnesota, un colesterolo basso indica un aumentato rischio di morte per malattie gastrointestinali e respiratorie [3]
La maggior parte delle malattie gastrointestinali e respiratorie ha un’origine infettiva. Pertanto un importante quesito è se sia l’infezione ad abbassare il colesterolo o se non sia un abbassamento del colesterolo a predisporre all’infezione. Per dare una risposta il Professor Jacobs e il suo gruppo, assieme al Dr. Carlos Iribarren, hanno seguito più di 100.000 individui in salute dell’area di San Francisco per quindici anni. Al termine dello studio quelli che avevano colesterolo basso all’inizio dello studio erano stati ricoverati in ospedale più spesso degli altri a seguito di malattie infettive.[4,5] Quest’evidenza non può essere controbattuta dicendo che è stata l’infezione a fare scendere il colesterolo in quanto il colesterolo era stato trovato basso quando queste persone non avevano ancora nessuna infezione evidente. Sembra piuttosto che il colesterolo basso, in qualche modo, li abbia resi più esposti all’infezione, o che il colesterolo alto abbia protetto quelli che non hanno avuto infezioni. A supporto di questa interpretazione ci sono molti risultati.
Colesterolo basso e HIV/AIDS
Un uomo giovane, non coniugato con una malattia al fegato o una malattia trasmessa sessualmente, corre un rischio molto maggiore di contrarre l’infezione del virus HIV. Ricercatori del Minnesota, a capo c’è il Dr. Ami Claxton, hanno seguito individui di questo tipo per 7-8 anni. Dopo avere escluso quelli che divennero HIV-positivi durante i primi quattro anni, si sono trovati con un gruppo di 2446 uomini. Al termine dello studio, 140 di queste persone risultarono positive all’HIV; quelle che all’inizio dello studio avevano il colesterolo basso erano il doppio di quelle col colesterolo più alto. [6]
Risultati simili emergono da uno studio su persone sottoposte a screen MRFIT, più di 300.000 uomini giovani e di mezza età, che trovò come a distanza di 16 anni dal primo rilievo del colesterolo, il numero degli uomini il cui colesterolo era più basso di 160 e che era deceduto di AIDS era quattro volte quello degli uomini deceduti di AIDS e con un colesterolo superiore a 240.[7]
Colesterolo e insufficienza cardiaca cronica
Una malattia cardiaca può portare ad un indebolimento del muscolo cardiaco. Un cuore debole vuol dire che meno sangue, e quindi meno ossigeno, viene portato alle arterie. Per compensare la potenza diminuita, il battito cardiaco s’innalza, ma se il malanno è serio ciò non basta. Pazienti con insufficienza cardiaca seria restano senza fiato perché i tessuti ricevono troppo poco ossigeno, la pressione nei loro vasi cresce perché il cuore non può pompare il sangue con potenza sufficiente e diventano edematosi, cioè c’è del fluido che si accumula nelle gambe e nei casi più seri anche nei polmoni e in altre parti del corpo. Tale condizione è detta insufficienza cardiaca congestiva o cronica.
Ci sono molte indicazioni che i batteri o altri microorganismi giochino un ruolo importante nell’insufficienza cardiaca cronica. Per esempio, pazienti con una severa insufficienza cardiaca cronica hanno alti livelli di endotossina e vari tipi di citochine nel loro sangue. L’endotossina, detta anche liposaccaride, è la sostanza maggiormente tossica prodotta da batteri Gram-negativi quali l’Escherichia coli, Klebsiella, Salmonella, Serratia e Pseudomonas. Le citochine sono ormoni secreti dai globuli bianchi nella loro battaglia contro i microorganismi; alti livelli di citochine nel sangue indicano che sono in atto processi infiammatori da qualche parte nel corpo.
Il ruolo delle infezioni nell’insufficienza cardiaca cronica è stato studiato dal Dr. Mathias Rauchhaus e il suo team al Dipartimento Medico, dell’Università Martin-Lutero a Halle, in Germania (Universitätsklinik und Poliklinik für Innere Medizin III, Martin-Luther-Universität, Halle). Hanno trovato che l’indicatore di mortalità più affidabile per pazienti con insufficienza cardiaca cronica era la concentrazione di citochine nel sangue, particolarmente per pazienti la cui insufficienza fosse dovuta a disfunzione coronarica.[8] Per spiegare i loro risultati, ipotizzano che i batteri intestinali possano penetrare nei tessuti con più facilità se la pressione delle vene addominali è cresciuta a causa della deficienza cardiaca. In accordo con questa teoria, hanno riscontrato una maggior quantità di endotossine nel sangue di pazienti con deficienza cardiaca ed edema che non in pazienti privi di questi problemi, inoltre le concentrazioni di endotossine sono diminuite in maniera significativa quando le funzionalità cardiache sono state assistite mediante trattamento medico.[9]
Un modo semplice per controllare lo stato del sistema immunitario consiste nell’iniettare sotto la cute antigeni di microorganismi cui sono esposti la maggioranza delle persone. Quando il sistema immunitario è normale, passate circa 48 ore, appare un indurimento nel punto dell’iniezione. Se l’indurimento è piccolo, con diametro minore di pochi millimetri, ciò indica la presenza di “anergia,” cioè una minore o mancante risposta nel riconoscere gli antigeni. Di conseguenza, l’anergia è stata associata ad un aumentato rischio di infezioni e mortalità in individui anziani e sani, in pazienti trattati chirurgicamente e in trapiantati di cuore.[10]
La Dr.ssa Donna Vredevoe e il suo gruppo della Scuola Infermieristica e Scuola di Medicina, dell’Università di California a Los Angeles, hanno controllato più di 200 pazienti con deficienza cardiaca seria. Hanno applicato cinque differenti antigeni e hanno seguito i pazienti per dodici mesi. In metà dei pazienti la causa dell’insufficienza era coronarica, nei restanti le cause erano miste (malattie valvolari congenite o infettive, cardiomiopatie e endocarditi). Quasi la metà dei pazienti era anergica, e quelli che erano anergici e avevano malattie coronariche hanno avuto una mortalità molto più alta degli altri.[10]
Ed ecco il punto saliente: i ricercatori hanno trovato, non senza sorpresa, che la mortalità era più alta, non solo nei pazienti anergici, ma anche nei pazienti con i minori valori lipidici, inclusi colesterolo totale, colesterolo LDL, colesterolo HDL e trigliceridi.
Questi ultimi risultati sono stati confermati dal Dr. Rauchhaus, stavolta in cooperazione con i ricercatori di numerose cliniche universitarie Tedesche e Inglesi. Hanno trovato che il rischio di mortalità per pazienti con insufficienza cardiaca cronica era fortemente e inversamente correlato con il colesterolo totale, colesterolo LDL e anche trigliceridi; le persone con i valori lipidici più alti vivevano molto più a lungo di quelli con valori bassi..[11,12]
Altri ricercatori hanno ottenuto risultati simili. Lo studio più ampio è stato quello effettuato dal Professor Gregg C. Fonorow e il suo team del Dipartimento di Medicina e Centro di Cardiomiopatia dell’UCLA a Los Angeles.[13] Lo studio, condotto dalla Dr.ssa Tamara Horwich, ha considerato più di mille pazienti con insufficienza cardiaca seria. Dopo cinque anni il 62 % dei pazienti con colesterolo sotto 129 mg/l erano morti, mentre pazienti con colesterolo sopra 223 mg/l avevano una percentuale dimezzata.
Quando i sostenitori dell’ipotesi della necessità della riduzione del colesterolo sono messi di fronte ai risultati che evidenziano le cattive conseguenze associate ad un basso colesterolo -e ce ne sono molte altre-loro normalmente controbattono che i pazienti ammalati seriamente sono spesso malnutriti, e si attribuisce la causa del basso colesterolo alla malnutrizione. Comunque, la mortalità dei pazienti di questo studio era indipendente dal loro grado di nutrimento; un colesterolo basso è fattore predittivo di mortalità sia che i pazienti siano nutriti bene o meno.
Sindrome di Smith-Lemli-Opitz
Come discusso in The Cholesterol Myths (link presente nella pagina web originale n.d.T.), c’è notevole evidenza a supporto della teoria che le persone nate con colesterolo molto alto, ipercolesterolemia familiare, siano protette dalle infezioni. Ma se nascere col colesterolo alto protegge dalle infezioni, nascere col colesterolo basso dovrebbe avere un effetto opposto. Effettivamente sembra che sia proprio così.
I bambini con la sindrome di Smith-Lemli-Opitz hanno un colesterolo estremamente basso perché l’enzima necessario per l’ultima fase della sintesi del colesterolo all’interno del corpo non funziona come dovrebbe. La maggior parte dei bambini con questa sindrome nasce morta o muore poco dopo la nascita in seguito a malformazioni serie del sistema nervoso centrale. I bambini che sopravvivono sono ritardati mentali, hanno un colesterolo estremamente basso e soffrono di frequenti e serie infezioni. Se però la loro dieta viene integrata con colesterolo puro o con l’aggiunta di uova, il loro colesterolo cresce e la loro propensione all’infezione diviene meno seria e meno pronunciata.[14]
Evidenze di laboratorio
Gli studi in laboratorio sono essenziali per capire meglio i meccanismi tramite i quali i lipidi esercitano la loro funzione protettiva. Uno dei primi a studiare questo fenomeno fu il Dr Sucharit Bhakdi dell’Istituto di Microbiologia Medica, dell’Università di Giessen, in Germania (Institut für Medizinsche Mikrobiologie, Justus-Liebig-Universität Gießen), assieme col suo gruppo di ricercatori provenienti da svariate istituzioni Tedesche e Danesi.[15]
La tossina-a dello Staphylococcus aureus è la sostanza più tossica prodotta da quella famiglia di batteri che predispongono alle malattie detti stafilococchi. Essa può distruggere un’ampia varietà di cellule umane, globuli rossi inclusi. Per esempio, aggiungendo piccole quantità della tossina in una provetta con globuli rossi in una soluzione salina al 0.9 percento, si verifica emolisi, cioè le membrane dei globuli rossi si spaccano e l’emoglobina fuoriesce nel solvente. Il Dr. Bhakdi e il suo team hanno miscelato la tossina-a purificata con siero umano (il liquido in cui si trovano i globuli rossi) e hanno notato che il 90 percento del suo effetto emolitico scompare. Con metodi vari e complicati sono riusciti ad identificare la sostanza protettiva nell’LDL, il portatore del cosiddetto cattivo colesterolo. Per controprova, l’emolisi è scomparsa del tutto quando hanno miscelato tossina-a con solo LDL umano purificato, mentre invece l’HDL o altri costituenti del plasma si sono dimostrati inefficaci sotto questo aspetto.
Il Dr. Willy Flegel e i suoi collaboratori del Dipartimento di Medicina Trasfusionale, dell’Università di Ulm, e l’Istituto di Immunologia e Genetica del Centro Tedesco di Ricerca sul Cancro di Heidelberg, in Germania (DRK-Blutspendezentrale und Abteilung für Transfusionsmedizin, Universität Ulm, und Deutsches Krebsforschungszentrum, Heidelberg) hanno studiato l’endotossina in un altro modo.[16] Come detto, uno degli effetti dell’endotossina è quello di stimolare i globuli bianchi a produrre citochine. I ricercatori tedeschi hanno trovato che tale effetto stimolatore scompare quasi del tutto se l’endotossina è lasciata miscelata con siero umano per 24 ore prima di aggiungere globuli bianchi nelle provette. In uno studio successivo [17] hanno trovato che l’LDL purificato di pazienti con ipercolesterolemia familiare aveva lo stesso effetto inibitore del siero.
L’LDL non solo può legare e inattivare le pericolose tossine dei batteri; sembra che abbia anche una influenza benefica diretta sul sistema immunitario, spiegando possibilmente l’osservata relazione tra un colesterolo basso e svariate malattie croniche. Tale fatto è stato il punto di partenza per uno studio del Professor Matthew Muldoon e colleghi dell’Università di Pittsburgh, Pennsylvania. Hanno studiato uomini sani giovani e di mezza età. Hanno trovato che il numero totale di globuli bianchi e che il numero dei vari tipi di globuli bianchi erano significativamente minori per individui con LDL sotto 160 mg/dl (media 88.3 mg/l), che non in uomini con LDL sopra 160 mg/l (media 185.5 mg/l).18 I ricercatori hanno concluso cautamente che c’erano differenze nel sistema immunitario tra gli uomini con colesterolo basso e alto, ma che era troppo presto per stabilire se queste differenze avessero qualche importanza per la salute umana. Ora, dopo sette anni e con i molti dei risultati fin qui discussi, ci permettiamo di dire che le proprietà potenzianti del sistema immunitario dell’LDL rivestono realmente un ruolo importante per la salute umana.
Esperimenti con cavie
I sistemi immunitari dei diversi mammiferi, umani inclusi, hanno molte affinità. E’ pertanto interessante vedere cosa possano dirci gli esperimenti con ratti e topi. Il Professor Kenneth Feingold del Dipartimento di Medicina, dell’Università di California, San Francisco, e il suo gruppo hanno pubblicato diversi interessanti risultati tratti da ricerche su questo argomento. In una di queste essi hanno abbassato il colesterolo LDL nei ratti somministrando farmaci che impedissero al fegato di secernere lipoproteine o che ne favorissero la scomparsa. In entrambi i casi, a seguito dell’iniezione di endotossina, si è riscontrata una mortalità molto più alta nelle cavie col colesterolo basso rispetto a quelle del gruppo di controllo non trattato. L’alta mortalità non era indotta dai farmaci, infatti quando alle cavie trattate venivano ulteriormente iniettate lipoproteine giusto prima dell’iniezione di endotossina, la loro mortalità veniva ricondotta nella norma.[19]
Il Dr. Mihai Netea e il suo team del Dipartimento di Medicina Interna e Nucleare della Clinica Universitaria di Nijmegen, Olanda, ha iniettato endotossina purificata in topi normali e in topi con ipercolesterolemia familiare che avevano l’LDL quattro volte più alto del normale. Mentre sono morti tutti i topi normali, il decesso dei topi ipercolesterolemici è arrivato solo iniettando una dose otto volte superiore di endotossina. In un altro esperimento hanno iniettato batteri vivi e hanno trovato una sopravvivenza doppia nei topi affetti da l’ipercolesterolemia familiare rispetto ai topi normali del gruppo di controllo.[20]
Altri lipidi protettivi
Come abbiamo visto finora, molti dei ruoli rivestiti dall’LDL sono condivisi dall’HDL. Ciò non dovrebbe sorprendere più di tanto considerando che un alto HDL è associato alla salute cardiovascolare e alla longevità. Ma c’è di più.
I trigliceridi, molecole consistenti in tre acidi grassi collegati al glicerolo, sono insolubili in acqua e pertanto sono trasportati nel sangue all’interno di lipoproteine, proprio come il colesterolo. Tutte le lipoproteine portano trigliceridi, ma la maggior parte di questi è trasportata da una lipoproteina detta VLDL (very low-density lipoprotein – lipoproteina a bassissima densità) e dai chilomicroni, una miscela di trigliceridi emulsionati presente in grandi quantità dopo un pasto ricco di grassi, particolarmente nel sangue che fluisce dall’intestino al fegato.
Per molti anni si è saputo che la sepsi, una condizione anche mortale causata da una crescita batterica nel sangue, è associata ad un alto livello di trigliceridi. I più importanti sintomi della sepsi sono dovuti all’endotossina, per lo più prodotta da batteri intestinali. In un numero di studi, il Professor Hobart W. Harris e il suo team, del Laboratorio di Ricerca Chirurgica dell’Ospedale Generale di San Francisco, hanno trovato che soluzioni ricche di trigliceridi ma praticamente prive di colesterolo riuscivano a proteggere cavie dagli effetti tossici dell’endotossina e hanno concluso che gli alti livelli di trigliceridi riscontrati nella sepsi sono una risposta immunitaria normale all’infezione.[21] Di solito i batteri responsabili della sepsi provengono dall’intestino. E’ pertanto una fortuna che il sangue che esce dall’intestino sia particolarmente ricco di trigliceridi.
Eccezioni
Finora gli esperimenti con cavie hanno confermato l’ipotesi che il colesterolo alto protegga contro le infezioni, almeno contro quelle causate dai batteri. In un esperimento simile, usando iniezioni di Candida albicans, un fungo comune, il Dr. Netea e il suo gruppo hanno trovato che topi con ipercolesterolemia familiare muoiono più facilmente dei topi normali.[22] Le infezioni serie, causate dalla Candida albicans, sono rare negli esseri umani; comunque si possono riscontrare frequentemente in pazienti trattati con farmaci immunodepressivi, anche se i risultati indicano che c’è bisogno di ulteriori dati in quest’area. In ogni caso, i molti risultati sopra menzionati indicano che gli effetti protettivi dei lipidi nel sangue contro le infezioni negli esseri umani sembrano essere maggiori di ogni possibile effetto contrario.
Il colesterolo quale fattore di rischio
La maggior parte degli studi su uomini giovani e di mezza età ha individuato l’alto colesterolo come fattore di rischio per l’insufficienza coronarica, apparentemente in contraddizione con l’idea che invece esso sia protettivo. Perché l’alto colesterolo è un fattore di rischio negli uomini giovani e di mezza età? Una spiegazione probabile è che a quell’età gli uomini sono spesso al vertice della propria carriera professionale. L’alto colesterolo può pertanto indicare stress mentale, causa ben nota di colesterolo alto nonché fattore di rischio di malattie cardiache. In questo caso l’alto colesterolo non è quindi necessariamente la causa diretta ma potrebbe essere solo un indicatore. L’alto colesterolo in uomini giovani e di mezza età potrebbe, per esempio, rispecchiare il bisogno del corpo di ulteriore colesterolo in quanto esso è il materiale base di molti ormoni dello stress. Ogni possibile effetto protettivo sul sistema vascolare dovuto all’alto colesterolo, può pertanto essere controbilanciato dall’influenza negativa di una vita stressante.
Risposta alle lesioni
Nel 1976 venne presentata una delle teorie maggiormente promettenti sulla causa dell’arteriosclerosi: la teoria della risposta alla lesione. Fu avanzata da Russell Ross, un professore di patologia, e John Glomset, un professore di biochimica e medicina della Scuola di Medicina dell’Università di Washington a Seattle.[23,24] Essi ipotizzarono che l’arteriosclerosi fosse la conseguenza di un processo infiammatorio, il cui primo evento è una lesione localizzata sul sottile strato di cellule disposte all’interno delle arterie, l’intima. La lesione genera infiammazione e le placche di accrescimento formatesi sono semplicemente lesioni guarite.
La loro idea non è originale. Nel 1911 due patologi americani dei Laboratori di Patologia, Università di Pittsburgh, Pennsylvania, Oskar Klotz e M.F. Manning, pubblicarono un sunto dei loro studi delle arterie umane e conclusero che “c’è ogni indicazione che la produzione di tessuto nell’intima è la conseguenza di una diretta irritazione di quel tessuto dalla presenza di infezioni o tossine o dallo stimolo dei prodotti di una degenerazione primaria in quello straterello.”[25] Anche altri ricercatori hanno presentato teorie simili.[26]
Gli studiosi hanno proposto molte potenziali cause delle lesioni vascolari, incluso stress meccanico, esposizione al fumo del tabacco, alto colesterolo, colesterolo ossidato, omocisteina, conseguenze metaboliche del diabete, sovraccarico di ferro, deficienza di rame, deficienza di vitamine A e D, uso di acidi grassi trans, microorganismi e molte altre ancora. Ognuno di questi fattori ha ottenuto un qualche supporto sperimentale pur rimanendo incerto il peso del suo contributo. Tranne in un caso. L’eccezione è naturalmente il colesterolo LDL. L’estensiva ricerca ci permette di escludere un alto LDL dalla lista. Sia che si guardi direttamente a occhio nudo l’interno delle arterie in un’autopsia, o che lo si faccia indirettamente su persone vive usando raggi-x, ultrasuoni o fasci elettronici, non è mai stata trovata un’associazione che valga la pena di citare e che correli la quantità di lipidi nel sangue e il grado di arteriosclerosi delle arterie. Inoltre, che il colesterolo salga o scenda, da solo o per intervento medico, le variazioni di colesterolo non sono mai state accompagnate da variazioni nelle placche arteriosclerotiche; non c’è legame causa effetto. I sostenitori della campagna del colesterolo affermano spesso che i test hanno trovato un legame causa effetto, ma con ciò si riferiscono a calcoli tra le variazioni medie dei diversi test col risultato dell’intero gruppo di trattamento. Mentre un vero legame causa effetto richiede che le variazioni individuali del fattore causale siano seguite da variazioni altrettanto individuali della malattia risultante e tale fatto non si è mai manifestato nei test in cui i ricercatori hanno indagato l’esistenza di un vero legame causa effetto.
Una discussione sui molti fattori accusati di danneggiare l’endotelio arteriale va oltre gli scopi di questo articolo. In ogni caso, il ruolo protettivo dei lipidi sanguigni contro le infezioni richiede di dare un’occhiata più da vicino al ruolo asserito per una delle cause addotte, i microorganismi.
L’arteriosclerosi è una malattia infettiva?
Per molti anni gli scienziati hanno sospettato che i virus e i batteri, in particolare il cytomegalovirus e la Chlamydia pneumonia partecipassero allo sviluppo dell’arteriosclerosi. La ricerca in quest’area è esplosa nel decennio scorso e, a gennaio 2004, almeno 200 articoli sul tema sono apparsi sulle pubblicazioni mediche. Data la diffusa preoccupazione per il colesterolo e gli altri lipidi, c’è stato d’altra parte poco interesse generale sul soggetto, e solo pochi dottori ne sanno qualcosa. Riporto di seguito alcune delle scoperte più interessanti.[26]
La microscopia elettronica, quella a immunofluorescenza e altre tecniche avanzate hanno permesso di rilevare i microorganismi e il loro DNA nelle lesioni aterosclerotiche in un gran numero di pazienti. Le tossine dei batteri e le citochine, ormoni secreti dai globuli bianchi durante le infezioni, sono riscontrate più spesso nel sangue di pazienti con recenti episodi di malattia e attacco cardiaco, in particolare durante e dopo un evento cardiovascolare acuto, e alcuni alcuni di questi sono forti fattori di predizione di malattia cardiovascolare. Lo stesso dicasi per gli anticorpi virali e batterici, e una proteina emessa dal fegato nel corso di infezioni, detta proteina C-reattiva (CRP), costituisce un fattore di rischio di malattie coronariche molto più importante del colesterolo.
L’evidenza clinica inoltre sostiene questa teoria. Nelle settimane che precedono un attacco cardiovascolare acuto, molti pazienti hanno avuto un’infezione virale o batterica. Per esempio il Dr. Armin J. Grau del Dipartimento di Neurologia dell’Università di Heidelberg e il suo gruppo hanno indagato su recenti infezioni di 166 pazienti con attacco acuto, 166 pazienti ospedalizzati per altre malattie neurologiche e 166 individui sani scegliendoli per identico sesso ed età. Durante la prima settimana prima dell’attacco, 37 pazienti con attacco contro solo 14 del gruppo di controllo ebbero una malattia infettiva. In metà dei pazienti l’infezione era di origine batterica, nell’altra metà di origine virale.[27]
Molti altri hanno effettuato osservazioni simili in pazienti con infarto miocardico acuto (attacco di cuore). Per esempio, il Dr. Kimmo J. Mattila del Dipartimento di Medicina della Clinica Universitaria di Helsinki, Finlandia, ha trovato che 11 su 40 pazienti maschi infartuati prima dei 50 anni avevano avuto un’infezione simil-influenzale accompagnata da febbre nelle 36 ore precedenti l’ammissione in ospedale, contro solo 4 di 41 pazienti con insufficienza coronarica cronica e 4 di 40 individui di controllo senza malattie croniche scelti a caso da una popolazione generica.[28]
Sono state fatte delle sperimentazioni per prevenire le malattie cardiovascolari mediante trattamenti con antibiotici. In cinque trattamenti sperimentali su pazienti con malattie coronariche usando azitromicina o roxitromicina, antibiotici che sono efficaci contro la Chlamydia pneumonia, si sono avuti risultati buoni; si sono verificati 104 eventi cardiovascolari sui 412 pazienti non trattati, ma solo 61 eventi sui 410 pazienti nel gruppo trattato.[28a-e] In un test successivo, il trattamento antibiotico ha portato ad un significativo calo del progredire dell’arteriosclerosi delle arterie della carotide.[28f] Comunque, in quattro altre sperimentazioni,[30a-d] una delle quali riguardava più di 7000 pazienti,[28d] il trattamento con antibiotici non ha avuto effetti significativi.
La ragione di questi risultati inconsistenti può essere stata la troppo breve durata del trattamento (una sperimentazione è stata condotta solo per cinque giorni). Inoltre, la Chlamydia pneumonia, può propagarsi solo all’interno delle cellule umane e quando è nei globuli bianchi risulta resistente agli antibiotici.[31] Una ragione dell’inefficacia del trattamento può anche risiedere nel fatto che gli antibiotici usati non hanno effetto sui virus. In questo contesto è interessante citare una sperimentazione controllata condotta dal Dr. Enrique Gurfinkel e il suo gruppo della Fundación Favaloro di Buenos Aires, Argentina.[32] Hanno vaccinato contro l’influenza, malattia virale, metà dei 301 pazienti con insufficienza coronarica. Dopo sei mesi, l’8 percento dei pazienti di controllo erano deceduti, ma solo il 2 percento dei pazienti vaccinati. Vale la pena di sottolineare che un tale effetto è già migliore di quello raggiunto da qualsiasi sperimentazione sulle statine, e in tempi molto più brevi.
Il colesterolo alto protegge contro le malattie cardiovascolari?
Apparentemente i microorganismi giocano un ruolo di rilievo nelle malattie cardiovascolari. Possono essere uno dei fattori che iniziano il processo lesionando l’endotelio arteriale. Un secondo ruolo ruolo può essere dedotto dall’associazione tra malattia cardiovascolare acuta e infezione. L’agente infettivo può preferibilmente diventare localizzato nelle parti delle pareti arteriose che sono state in precedenza danneggiate da altri agenti, avviando una coagulazione locale e la creazione di un trombo (coagulo) e in tal modo generare un ostacolo al flusso sanguigno. Ma se è così, il colesterolo alto può proteggere dalle malattie cardiovascolari invece che esserne la causa!
In ogni caso, l’idea della dieta per il cuore, con la sua demonizzazione dell’alto colesterolo, è ovviamente in conflitto con l’idea che l’alto colesterolo protegge dalle infezioni. Le due idee non possono essere vere contemporaneamente. Facciamo un sunto dei molti fatti che contrastano con l’idea che il colesterolo sia dannoso.
Se il colesterolo fosse la più importante causa di arteriosclerosi, le persone con colesterolo alto dovrebbero essere più aterosclerotiche di quelle che hanno colesterolo basso. Ma come ora sapete ciò è molto distante dal vero.
Se un alto colesterolo fosse la più importante causa di arteriosclerosi, l’abbassamento del colesterolo dovrebbe influire sul processo aterosclerotico in proporzione alla riduzione effettuata.
Ma, come ora sapete, non è questo quello che succede.
Se l’alto colesterolo fosse la più importante causa di malattie cardiovascolari, dovrebbe essere un fattore di rischio per tutte le popolazioni, in entrambi i sessi, a tutte le età, in ogni sottocategoria della malattia, e sia per la malattia cardiaca che per l’attacco cardiaco. Ma, come ora sapete, non è questo il caso.
Ho solo due argomenti a sostegno dell’idea che l’alto colesterolo è buono per i vasi sanguigni e sono molto forti, al contrario degli argomenti che asseriscono la tesi contraria. Il primo emerge dalle sperimentazioni sulle statine. Se l’alto colesterolo fosse la causa più importante delle malattie cardiovascolari, l’effetto maggiore del trattamento con statine si sarebbe dovuto vedere nei pazienti con il colesterolo più alto, e in pazienti il cui colesterolo fosse maggiormente calato. La mancanza di causa effetto non può essere attribuita alla fatto che le statine hanno altri effetti sulla stabilizzazione delle placche, in quanto ciò non avrebbe mascherato comunque l’effetto di abbassamento del colesterolo specie considerando i livelli pronunciatamente bassi raggiunti. Al contrario, se un farmaco abbassa sensibilmente la concentrazione di una molecola supposta dannosa per il sistema cardiovascolare e allo stesso tempo esplica altri effetti benefici sullo stesso sistema, un legame causa effetto avrebbe dovuto manifestarsi.
D’altro lato, se l’alto colesterolo ha una funzione protettiva, come dedotto, un suo abbassarsi controbilancerebbe gli effetti benefici delle statine e quindi andrebbe contro un legame causa effetto, il che sarebbe in accordo con i risultati delle varie sperimentazioni.
Ho già menzionato il mio secondo argomento, ma non ci si deve stancare di ripeterlo: l’alto colesterolo è associato alla longevità delle persone anziane. E’ un fatto difficile da spiegare: nel periodo della vita in cui si verificano la maggior delle malattie cardiovascolari, per cui la maggior parte delle persone muore, (e la maggior parte di ognuno di noi muore di malattia cardiovascolare), il colesterolo alto si riscontra più spesso nelle persone che hanno la mortalità minore. Com’è possibile che l’alto colesterolo sia dannoso alle pareti arteriose e causi malattie coronariche fatali, la più comune causa di morte, se quelli che hanno il colesterolo più alto vivono più a lungo di quelli che hanno il colesterolo basso?
Al pubblico e alla comunità scientifica dico: “Sveglia!”
Fonte:westonaprice.org